Come mai vaghi, ?

Più o meno classica citazione di insegnante, in apertura di post, tolto il vocativo del mio nome, ché il vocativo è un non-caso (cit.) e non vale la pena di sprecare preziosi bit scrivendo qualcosa che ha la valenza logica di un vuoto pieno di albume d’uovo. Bene. Me lo chiese l’insegnante di lettere, attorno alla quinta ora, ché m’ero alzato per prendere un foglio di protocollo per fare la quinta domanda – che ho più o meno toppato, aggiungo – della sua simpatica verifica di letteratura italiana. Tornato al posto, me la sono scritta sul banco, sperando che ne avrei tratto qualcosa nel pomeriggio. Purtroppo, si sono succeduti un sacco di eventi interessanti ed emozionanti che mi hanno impedito di affinare la considerazione teologica della giornata, mi sono quindi messo a scrivere senza averci ancora pensato. Il perché vagavo tecnico pare piuttosto ovvio – non a lui, che nel suo essere lontanamente intelligente, è ottuso come una manta – ma il perché io vaghi in realtà non ha ancora una ragione e nemmeno una spiegazione e non sono nemmeno tanto certo succeda. Mi capita di vagare per casa, per decine di minuti, senza scopo né destinazione e non mi pongo il problema. La cosa è più generale, vago per la vita, per la mia vita. Ma va bene così, in fondo. Non sta scritto da nessuna parte che io debba seguire una linea retta – cosa che, soprattutto in bici, non so fare. Ma fatico pure a piedi. Ecco, in macchina, forse. – o una semicirconferenza per poter poi saltare in alto e atterrare comodamente su dei materassi. Eppure, forse si vorrebbe così. Pomeriggio sono stato male. Cioè, tecnicamente sto ancora male, ma capita piuttosto spesso – solo di sabato, quasi che il fato e il destino e le More e Gesù Cristo vogliano rovinarmi i sabati sera – che io mi trovi, attorno alle 14, come dopo un’abbuffata a una festa di Comple-morte – ho un ricordo di queste feste dato dal videogioco di HP, in cui il cibo era stantio e ammuffito e probabilmente gli ingredienti che l’avevano prodotto non erano nemmeno più rintracciabili sulla faccia della terra. Spero che sia lo stesso per la realtà (i libri?), giacché attualmente non ricordo. Spero in commento illuminante, aggiungo – che mi costringe, dopo strenua lotta, a rifugiarmi a letto. A meno che io non voglia vomitare e io non voglio vomitare, nono. Non c’è nessuno che mi tenga la testa, d’altronde, che è l’unico motivo al mondo per cui qualcuno sano di mente possa voler vomitare. Non voglio vomitare e mi rintano a letto. Quest’oggi non a letto, ma sopra il copriletto – ci sarebbe un’interessante dissertazione da fare sul mio copriletto, ma la rimando ad altra sede. O alla succursale – con un plaidellanonna sopra. Ho un po’ letto, poi m’è venuto un sonno indicibile e ho chiuso gli occhi per un po’ di tempo. Mi sono addormentato – la prova inconfutabile è il sapore terribile che mi son trovato in bocca poi. Arsura da sonno, mista all’ipersalivazione garantita dai conati di vomito che andavano avvicinandosi nella parte precedente del pomeriggio e così via. Ora ho lavato i denti, ma quel sapore mi perseguiterà nei miei incubi più o meno per sempre. Senza contare che forse ora ce ne sono tracce sullo spazzolino. Mioddio. -, forse una decina di minuti, mi son svegliato, tachicardia da risveglio, panico da sonomorto, speranza da sonomorto, disillusione da sono vivo. Prima di addormentarmi stavo ascoltando gli MGMT – sono piuttosto sicuro che I was fated to pretend, devo solo averne prova in certi frangenti – e il disco al mio risveglio era finito e vabbè, un peccato. Me lo riascolterò. Mi sono spostato qui, giacché non m’andava di leggere, giacché la nausea era passata, giacché avevo la citazione da giocarmi e ‘sto post che non sto scrivendo non so bene da dove sia uscito, fatto sta che è uscito e non me ne capacito. Ora mi doccio – categorico verbo docciarsi, s’intende – e poi esco, ché alle 19 c’è forse un tizio che, se si ricorda di me, mi aspetta per vedere la partita della Fiorentina in un bar. Io grande tifoso e grande appassionato di calcio, ohssì. Poi si va là. In un posto il cui nome è chiaramente nato dalla pigrizia del proprietario: Come lo chiamo? – Come cazzo ti pare? – Quello che c’è, ti piace? – Fai il cazzo che vuoi. Voglio sperare che l’abbiano scelto così questo nome terrificante – che io ho magistralmente e dico magistralmente nascondo nello scambio di battute -, che il dialogo sia stato proprio questo e le persone in questione ora stiano soffrendo grosse pene per i loro peccati. Voglio sperare che alle 11 sia finita davvero.

Le notti inutili e le madri che parlano con i ventilatori negli inceneritori, le schede elettorali e i tuoi capelli che sono fili scoperti, costruiremo delle molotov coi vostri avanzi; faremo dei rave, sull’Enterprise; farò rifare l’asfalto per quando tornerai.

Una Risposta to “Come mai vaghi, ?”

  1. magamagò Says:

    commento illuminante in arrivo ^__^
    è così :P nel secondo, mi pare, per il complemorte di nick-quasi-senza-testa, e mi pare sia pure nella notte di halloween..

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